Il Natale del nonno Enrico – parte 2

Quando il nonno Enrico, dopo la Messa, tenendo per mano un nipotino, s’avvicinò per dare un bacio a Gesù, restò tutto mortificato: era un Gesù Bambino di plastica! Gli occhi vuoti e sciocchi erano d’un azzurro troppo carico, lungo le tempie e giù giù per tutta la persona, correva la riga sbavata della giuntura, le mani tozze, tese nel vuoto, più che abbracciare e benedire sembravano chiedere, impazienti e viziate.  Rimase male il nonno Enrico e rimase distratto il nipotino: forse non capiva perché dovesse baciare un fantoccio simile a tanti suoi giocattoli che a casa si divertiva a prendere a calci.

Il nonno Enrico tornò a casa pensieroso e per tutto il giorno se ne stette in disparte dalla festa generale. Ma il mattino successivo la decisione era presa: in un momento fu in bottega, dove si rinchiuse tutto solo. Nessuno sa che cosa avvenne là dentro; fatto sta che, verso sera, il nonno Enrico tornò in chiesa con un grosso fagotto sotto il braccio. Quando fu sicuro d’esser solo, sostituì quell’orribile pasticcio di plastica con un bambinello dallo sguardo così intenso, dal sorriso così puro, che sembrava vivo.

Arrivarono poi frotte di bambini a dire una preghiera e passando davanti a quell’immagine si fermavano stupiti e contenti, come ritrovando un amico, come a ricevere una confidenza; anzi, uno dei più piccoli s’accostò correndo, poi si fermò un’istante a contemplarlo, e alla fine si piegò e gli fece una carezza. Il nonno Enrico, che da lontano stava a curiosare, sentì spuntare due lacrimoni di commozione e gli parve che il cuore danzasse. Fu così che il nonno Enrico, quell’anno, celebrò il Natale con un giorno di ritardo.

Non so se questa storia insegni novità: l’ho scritta solo per dirvi quanto è simpatico il nonno Enrico. Qualcosa però si può imparare: le cose fatte male non piacciono a nessuno. Ci vuole pazienza e fatica, passione e amore, ci vuole il gusto della bellezza a rendere presente in questo mondo il sorriso di Dio.

 

Mario Delpini

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