I giovani non cercano solo selfie, ma un senso alla vita. Parola di Papa Francesco

A quell’esercito del «selfie» rappresentato dai giovani di oggi non servono dottrine, vecchi schemi e moralismi, ma una testimonianza che renda chiaro quale sia quel «senso della vita» che rimane una risposta irrisolta nell’animo di ognuno e che spesso i ragazzi vanno cercando in luoghi dove è impossibile trovarla. 

Proprio in questa moltitudine di ragazzini con gli occhi incollati sempre ad un display, perennemente connessi tra loro e con il mondo (virtuale e non), «le persone consacrate hanno un ruolo importante». Sembra un paradosso, ma non lo è. Almeno non per il Papa che invita preti, suore e religiosi a «stare svegli per risvegliare i giovani». I quali, anche se spesso raccontano il contrario, «si aspettano un annuncio esplicito del “Vangelo della vocazione”, una proposta coraggiosa, evangelicamente esigente e al tempo stesso profondamente umana, senza tagli e senza rigidità».  

Il Papa si rivolge direttamente ad ogni agente pastorale ed educativo, a cominciare dai genitori, «primi animatori vocazionali», ai quali chiede di assumere «con gioia e responsabilità» la propria missione e di liberare loro stessi e i figli «dal blocco delle prospettive egoiste, di calcolo e di potere, che molte volte emergono in seno alle famiglia, anche quelle praticanti».  

Poi, aggiunge, la pastorale deve essere «ecclesiale» cioè inserita nel solco del Concilio Vaticano II, che, diceva San Giovanni Paolo II, «è la bussola per la Chiesa del XXI secolo» e che «chiede ai giovani un impegno e una partecipazione alla vita della Chiesa, come attori e non semplici spettatori».  

«La proposta di fede, così come la proposta vocazionale alla vita consacrata, devono partire dal centro di tutta la pastorale: Gesù Cristo, così come viene presentato nel Vangelo», prosegue ancora il Papa. «Non vale evadere, tantomeno valgono fughe intimistiche o impegni meramente sociali». E lungi dal ridurre tutto ad una «pastorale show» o ad una «pastorale compromesso».  

I giovani poi – e questo è fondamentale – vanno accompagnati: è necessario «camminare con loro, ascoltarli, provocarli, smuoverli affinché vadano più in là delle comodità in cui si adagiano, risvegliare i desideri, interpretare ciò che stanno vivendo, portarli a Gesù perché rispondano alla chiamata del Signore liberamente e responsabilmente», ribadisce il Vescovo di Roma. 

Tutto questo va fatto in «un ambiente di fiducia» che faccia sentire i ragazzi «amati per come sono e per quello che sono». E anche con la perseveranza di aspettare «che il seme cresca e un giorno possa dare frutto». D’altronde il lavoro di un agente pastorale «è quello di seminare, poi un altro lo farà crescere e altri raccoglieranno i suoi frutti». 

Quindi «dinamica, partecipativa, allegra, speranzosa, rischiosa, fiduciosa»: questa è la pastorale giovanile che chiede Papa Bergoglio. Che conclude ricordando che non esistono «risposte magiche» e che quindi è facile commettere errori. L’importante è procedere verso «una vera “conversione pastorale”, non solo di linguaggio, ma anche di stile di vita, se si vuole connettersi coi giovani e proporre loro un cammino di fede e fargli una proposta vocazionale».  

«Superiamo le nostre paure!», è l’incoraggiamento finale di Papa Francesco, «i giovani ci aspettano è ora di mettersi in cammino». E «nessuno rubi l’allegria di seguire Gesù Cristo», unica strada per cui «vale la pena vivere». 

 

 

admin