Vangelo da vivere del 11.05.2016

Il Signore Gesù disse ai suoi discepoli: «Questo è il mio comandamento: che vi amiate gli uni gli altri come io ho amato voi. Nessuno ha un amore più grande di questo:  dare la sua vita per i propri amici. Voi siete miei amici, se fate ciò che io vi comando. Non vi chiamo più servi, perché il servo non sa quello che fa il suo padrone; ma vi ho chiamato amici, perché tutto ciò che ho udito dal Padre mio l’ho fatto conoscere a voi. Non voi avete scelto me, ma io ho scelto voi e vi ho costituiti perché andiate e portiate frutto e il vostro frutto rimanga; perché tutto quello che chiederete al Padre nel mio nome, ve lo conceda. Questo vi comando: che vi amiate gli uni gli altri».
(Giovanni 15,)

Ecco la sintesi della vita cristiana: dare la vita per gli altri.  ” Dare la vita “ non significa  solo morire, ma anche donarla ogni giorno senza tenere nulla per sé. E’ non voler essere padroni del proprio tempo, dei propri progetti, del proprio riposo. Scoprire che non si perde mai il tempo donato ad ascoltare, a giocare con i più piccoli, a confortare chi soffre. Spesso ci si sente ripetere che bisogna imparare a dire dei no per salvaguardarsi,  ma questa non è la logica del Vangelo dove Maria, per prima, ci insegna solo a dire  “Sì”. 

Esperienze

Sono Cendi. L’11 settembre ero a Leite, una delle tantissime isole delle Filippine. Ho visto le due torri crollare dall’altra parte del mondo. Da un po’ di tempo sentivo che Dio mi chiamava a seguirlo, ma non ne avevo il coraggio. Quelle immagini scioccanti sono state decisive. “Se c’è qualcuno che è pronto a dare la vita per uccidere – mi sono detta -, io voglio dare la mia a Dio per amore””.

Sono Savi dell’India. Vengo da una famiglia cattolica, di casta elevata e non mi è mai mancato nulla. Un giorno, al college, alcune ragazze mi parlano di un popolo che, pur di razze e culture diverse, ha un’identità comune: quella dell’amore reciproco. Anch’io volevo farne parte. Ho iniziato a sperimentare che l’amore può far crollare anche i muri millenari, che sembrano incrollabili. Il marito di mia sorella è un bramino, della casta più elevata. La sua famiglia non ha mai accettato questo matrimonio, essendo noi della casta inferiore alla loro. Ma i silenzi, gli insulti e le umiliazioni non mi hanno fermata: ho sempre cercato di  rispondere con amore un sorriso quando mi evitavano; un aiuto concreto… Con loro ora il clima sta cambiando”.

    

 

 

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